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morale altissimo 19


convogli a cavallo e a motore, il cui rombo si spandeva sommesso e conliniio, come un fremilo di tutta la piana.

L’antica, la vergognosa frontiera era cancellata.


Più faticosa, ma egualmente esalta fu l’avanzata sui monti. Fuori di ogni strada, fuori d’ogni sentiero, portando nel pesante zaino viveri e munizioni per lunghi giorni, portando sulle spalle anche la legna per cuocere il rancio, anche la paglia per dormirvi sopra, i nostri atletici alpini, coadiuvati in alcuni punti da bersaglieri, da militi della Finanza, esploratori arditi e infaticabili, andarono avanti da vetta a vetta.

Hanno la tattica dell’aquila. Vanno da una cima all’altra, da una punta all’altra. Si annidano sulle sommità, e non c’è forza che potrebbe sloggiarli. Non temono l’isolamento. Fanno di ogni vetta occupata una fortezza inespugnabile. S’inerpicano, s’insediano, si trincerano, e per le valli che essi dominano il grosso marcia al sicuro e si sgrana come un formicaio.

Si videro le cime austriache coronate da loro, una dopo l’altra: il Monte Corada, il Monte Cuk sulle creste del Colovrat. Sul profilo di posizioni altissime, che si supponevano fortemente protette, al di sopra della gran coltre dei boschi, si scorse dopo mezzogiorno il brulicare delle nostre avanguardie. Subito, al primo gior-