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sulle pendici del carso | 419 |
sinistra poteva essere provocato. Ripiegare sotto
la pressione di un’offensiva possente significava,
con molta probabilità, ripassare il fiume. Sarebbe
stata la perdita dei ponti, l’annullamento
dei risultati ottenuti con sforzi meravigliosi
durante quasi due mesi di lotta tenace, il ritorno
al principio in condizioni ben più difficili
per una ripresa dell’offensiva. La nostra destra
invece aveva Monfalcone come sentinella
estrema, e un attacco contro di essa, anche
fortunato, non avrebbe ottenuto un resultato
definitivo quale quello di ridare il pieno controllo
dell’Isonzo. Il piano austriaco era dunque
perfetto, come sono perfetti tutti i piani
prima che falliscano.
Al mattino del 22 luglio il grande attacco austriaco si sferrò. Tutta la notte delle offensive minori avevano tastato la nostra fronte, forse per riconoscerla, forse anche per stancare le guarnigioni e trovarle più deboli e meno pronte all’urto che si preparava. Numerosi generali comandavano il movimento offensivo, fra i quali il principe di Schwarzenberg, il generale Boog, il generale Schreitter. L’azione cominciò con un bombardamento formidabile.
Delle persone che osservavano le posizioni da lontano, le videro letteralmente coprirsi di fumo. Si ovattavano tutte di nubi di shrapnells. Il rombo intenso della cannonata non affievoliva un istante. Pareva impossibile che si potesse resistere in quell’inferno. Si aveva l’impres-