Pagina:Luigi Barzini - Al fronte (maggio-ottobre 1915).djvu/431


sulle pendici del carso 403


ticò il ponte. Dove il fuoco riprendeva a crepitare violento, il cannone si volgeva e intimava silenzio. Faceva fronte a tutti, comandava a tutti, atterriva.

Poco dopo, l’artiglieria nemica lo assalì. Le granate esplodevano tutto intorno, il pezzo scompariva nel fumo. Non poteva difendersi. Non pensava a difendersi. Continuava ad imporsi alle trincee. Costringeva la fanteria austriaca a ripararsi e aspettare. Era il suo còmpito. Intanto sul ponte le truppe nostre passavano. I plotoni sfilavano, uno dopo l’altro, curvi dietro ai sacchi di terra.

Qualche servente cadeva vicino al pezzo; i superstiti scansavano il ferito e seguivano il lavoro. I cavalli erano morti. Schegge di granate martellavano l’affusto e le scudature. Il cannone tuonava sempre. E sul ponte le truppe passavano. In ultimo si videro due soli artiglieri in piedi. Sparavano gli ultimi colpi. Poi il cannone stesso fu preso da una granata in pieno. Rimase tutto di traverso, scavalcato. L’occupazione di Sagrado era definitiva.


Un reggimento aveva varcato il fiume. Il giorno dopo era tutta una brigata al di là. La nostra fronte si allargava verso Castello Nuovo. Il nemico veniva sloggiato da un primo lembo del ciglione. Poteva ancora bombardare il ponte, ma non lo vedeva più. La linea del fiume sfuggiva in parte al suo sguardo.