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402 sulle pendici del carso


creare un allacciamento di legno per un passaggio provvisorio di fanterie. Spingendo avanti a loro dei sacchi di terra, per ammassarli ad uno ad uno sul fianco di una passerella e crearvi un baluardo contro la fucileria vicina, dei soldati si spinsero carponi sul ponte.

Il fuoco austriaco li prendeva di fianco, li investiva dalla sinistra; tutte le pendici erano piene di trincee dominanti, lontane poche centinaia di metri. Una volta passato il ponte si entrava in una zona più coperta. Fu possibile sistemare la passerella, ma una traversata di truppe non poteva effettuarsi senza gravi perdite di uomini o di tempo. Allora, come a Lucinico, venne avanti un cannone.

Uscì da Gradisca. Inoltrò per un vialone alberato, diritto, che segue il fiume e finisce al ponte di Sagrado. Entrò di corsa nell’uragano del fuoco. Andava al sacrificio con una galoppata trionfale. Si piantò di fronte a quell’anfiteatro di trincee lampeggianti.

Fra lui e il nemico, la larghezza del fiume. Incominciò un tiro diretto e rapido di shrapnells e di granate, alternando. Non un colpo andava fuori di posto. Gli scoppi dei suoi proiettili disegnavano le linee dei trinceramenti. Batteva in basso, poi in alto, poi di nuovo in basso, a sbalzi, per non permettere al nemico di indovinare di prevedere il punto che stava per essere colpito. La fucileria nemica rallentò, divenne ineguale, prese lui solo la mira, dimen-