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una mirabile impresa guerresca | 393 |
battaglione distrutto era sussurrata già più lontano.
Ma quei cadaveri erano caduti in un
modo singolare, tutti per un verso, allungati
di fianco. Non si scorgeva che erano sdraiati
contro a minuscoli parapetti. I soldati avevano
scavato la sabbia umida e granulosa, facendovi
delle fosse con le mani, con la paletta,
con la visiera del berretto, e si erano imbucati.
Alla sera avevano soltanto una cinquantina
di feriti e una quindicina di morti.
L’ordine era tale, che le truppe reduci dalla audace spedizione sulla riva sinistra avevano conservato tutti i loro prigionieri, e traghettavano aumentate del numero dei nemici presi. Ma all’alba, per i ritardi dovuti al trasporto dei feriti, non tutti i soldati della eroica avanguardia avevano ripassato il fiume. Bisognò sospendere l’operazione.
Gli austriaci, usciti alla mattina dalle loro posizioni e arrivati alla riva, si erano accorti che quei nostri reparti che immaginavano massacrati erano scomparsi. Andavano per contemplare dei morti, e i morti se n’erano andati. Divennero furibondi. Si trincerarono sulla riva, e aprirono un fuoco serrato e cieco contro l’altra sponda. Arrivata la sera, la loro artiglieria ricominciò a bombardare gli avanzi del ponte. Dalla nostra parte, silenzio. Si era intenti al salvataggio degli ultimi superstiti. Appena ritornati i traghetti, tutta la nostra riva divampò. Per lunghe ore, nelle tenebre di una