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382 sull'isonzo e sul carso


e sale senza vigore fino ad una specie di protuberanza terminale: il monte San Michele. Si distinguono meno, dal lato opposto, altre piccole onde: il Monte Sei Busi, poi il Monte Cosich più lontano. Nell’insieme l’altura si disegna con la regolarità di un oscuro bastione.

È un bastione lungo dodici chilometri, alto qualche centinaio di metri, che avanza a saliente, che penetra ad angolo nella pianura come lo sperone di una prodigiosa fortezza. Il fiume gira alla base di questo spalto immane, ne lambe le pendici per un lungo tratto, poi se ne discosta e scende tortuoso al mare. Ai piedi delle alture è un affollamento chiaro di cittadine e di villaggi, Gradisca a sinistra, quasi sotto al San Michele, Sagrado alla punta più avanzata del saliente, poi Fogliano, poi Redipuglia, poi Ronchi, a destra Monfalcone, disordinate mandrie di case che sembrano fermate dall’ostacolo del Carso e adunate là sotto in una perenne attesa. Ora il cannone austriaco le macella.

Avvicinandosi al Carso la pianura si fa triste. Su dei campi abbandonati il calpestamento dei bivacchi ha aperto larghe plaghe di sterilità; altrove la campagna inselvaggisce in una invasione rigogliosa di vegetazioni parassite. Tutta la vita è sulla strada, polverosa e fangosa, percorsa da convogli e da truppe, animata da squadre che lavorano al rafforzamento di argini o allo scavo di fossati. Passato il fiu-