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368 guerra d'assedio intorno a gorizia


che hanno i declivi selvosi, sui quali l’intreccio ampio delle fronde si sparge e si allarga con una morbidezza folta da pelliccia. A metà della costa qualche vigna, una verdura più chiara e più minuta. Il declivio si spegneva dolcemente fra le case di Lucinico. Adesso il Podgora è nudo.

Pare più piccolo, così spogliato del suo spesso mantello d’alberi. Nudo, sterile, rossastro, lacerato, bucato, ferito, non si somiglia più. Ha ricevuto centinaia di migliaia di cannonate. Le granate hanno tutto distrutto e tutto sepolto. Dopo aver bruciacchiato, sfrondato, stroncato e abbattuto gli alberi, esse hanno rovesciato sui tronchi atterrati eruzioni di zolle e di sassi. Non v’è più un filo d’erba; ogni vita vi è estinta. Il Podgora è il sinistro cadavere d’un colle cosparso di cadaveri d’uomini. Il nostro lavoro di zappa ha dovuto qualche volta deviare perchè scavava sotto ad un carnaio di nemici.

Sulla groppa della collina, dove nessuno dei due avversari resiste, rimane in piedi qualche decina di fusti nerastri, senza rami, un po’ inclinati qua e là, scossi dalle esplosioni come da una tempesta, e sulla vetta principale, sconvolta, non ci sono che tre tronchi, tre soli, equidistanti, che ricordano le croci del Golgota e che l’hanno fatto battezzare Monte Calvario.

S’incontrano per la strada da Cormòns a