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l’eroica conquista di plava 355


sta gli altri, quelli che non erano passati, non si tennero più, e incominciarono a scalare il reticolato, appoggiandosi ai paletti, appoggiando il piede all’incrocio molleggiante dei fili, facendosi poi porgere i fucili lasciati ai compagni che aspettavano indietro. In un momento i reticolati furono tutto un formicolìo lento di uomini sospesi, un gesticolamento confuso e pacato, sul quale passavano dei fucili, da una mano all’altra, da una parte all’altra.

Scavalcata la barriera, appena a terra, senza contarsi, i nostri si gettavano successivamente nella mischia urlando. L’attenzione del nemico era stata sorpresa e deviata dal primo comparire incomprensibile di soldati italiani addosso ai parapetti. Quell’urlìo, la visione della massa sui reticolati, finì per atterrirli. La difesa era estinta dalla terribile e implacabile audacia dell’assalto più che dalla lotta. Le trincee caddero, il grido dell’evviva passava su tutte le posizioni.

Era il tramonto. Le trincee austriache non coronavano la cima, erano costruite un poco più giù per poter avere un maggiore sviluppo. Bisognava occupare la vetta, ma era tardi. Una riorganizzazione si imponeva prima di procedere oltre, dove il bosco manca e si avanza scoperti sopra una cresta pratosa. Fu deciso di aspettare l’alba. Ma un centinaio di uomini, appartenenti a diverse compagnie, senza ufficiali, avendo la volontà sola per comando e