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l’eroica conquista di plava 349


ma. Le forze, divise in due colonne, si impegnarono ai due fianchi del monte, avendo la vetta per obbiettivo comune. Il movimento si era appena iniziato, che un terribile fuoco di artiglieria cominciò a battere le pendici. Era una bufera di cannonate; gli shrapnells arrivavano a raffiche continue, volteggiavano in aria foglie e rami d’albero stroncati dalle esplosioni, il piombo grandinava.

Le batterie nemiche da cui veniva quella bufera di fuoco dovevano trovarsi in parte sulle pendici del monte Kuk, uno dei tanti monti Kuk della regione, distante tre chilometri e mezzo da Plava, in parte sul Monte Santo, dal quale i medî calibri tempestavano. Per questo la nostra colonna di destra, più scoperta, era più battuta. Le perdite si facevano gravi. Non era possibile individuare con esattezza le artiglierie austriache, nascoste, invisibili. L’attacco procedeva sempre, audace, meraviglioso. Ma la necessità di riorganizzare le file troppo provate dal fuoco, diradate, la successione dei comandi per gli ufficiali che cadevano, rallentavano l’avanzata dell’ala destra.

Ad un certo punto le perdite aumentano, la colonna di destra è costretta a sostare. Quella di sinistra, meno colpita, più forte ancora e più agile, è arrivata a contatto con la fanteria austriaca e si precipita all’assalto. Fermata dai getti scroscianti delle mitragliatrici, si ricompone e riassalta. Sette volte consecutive si slan-