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l’eroica conquista di plava 345


ma vi era legname sufficiente per costruire sulla riva una passerella che, appena finita, avrebbe potuto essere varata e assicurata solidamente ai resti in muratura delle testate del ponte distrutto. Il Genio lavorò attivamente, con quell’entusiasmo alacre e grave dei nostri artieri militari, che sono così spesso in prima linea, sotto al fuoco più intenso, a creare valichi ed aprire varchi.

È un eroismo difficile quello del lavoro, perchè deve rimanere freddo, riflessivo. Il combattente può lasciarsi spesso trasportare dalla foga disordinata del suo sentimento, può gridare, può sparare. L’artiere del Genio deve pensare. Ogni suo gesto ha bisogno di precisione e di puntualità. Nel pericolo più grave egli deve agire impassibile come l’operaio nel sicuro laboratorio di un’officina. Il nostro Genio ha gettato quasi tutti i suoi ponti nel pieno del combattimento, alla prima linea, avanti alla prima linea. Dei pontieri cadevano feriti, uccisi, erano sostituiti e il lavoro continuava. Le granate sfondavano le barche di sostegno, sfasciavano il travame, distruggevano l’opera intera, e si ricominciava.

Una passerella sull’Isonzo richiedeva più tempo di quello che le circostanze concedevano. L’alba sorse, e il ponte di fortuna non era finito. Gli osservatori dell’artiglieria nemica, già in guardia, si accorsero della costruzione e fecero aprire il fuoco. Come al giorno prima, il