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L’EROICA CONQUISTA DI PLAVA.

29 settembre.

L’aspetto di solitudine che assume la guerra, quando l’assalto non si slancia, si addice alle zone selvagge. Abbiamo visto la selva di Plava non molto diversa da come la vedevano i cacciatori di Gorizia, quando la attraversavano in questa stessa stagione cercando nel suo folto il fagiano e il gallo di bosco.

Plava è un piccolo villaggio, ora distrutto dal cannoneggiamento austriaco, che allineava le sue casette ai due fianchi della strada, sulla sinistra dell’Isonzo. Delle abitazioni rimangono quattro mura scoronate, dalle cui finestre pendono rottami di imposte. Per uno di quei capricci che il cannone ha, come il fulmine, una sola casetta è rimasta intatta, bianca, col tetto nuovo. Avanti a Plava era il ponte.

Alle spalle del villaggio cominciavano subito il bosco e la montagna. Intorno, nessun altro centro abitato in vista, non campi, non vigneti. L’Isonzo scorre in quel punto incassato in una gola profonda e melanconica. Su Plava viene a finire un’ultima balza di una catena di alture boscose, il cui dorso, salendo a centina, va