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338 nell'alta valle dell'isonzo


un bosco, un immane cono di verdura, e che non ha un nome. La chiamano con la cifra della sua altitudine: Quota 428. Gli austriaci hanno costruito in cemento, sulla sua vetta, una torre osservatorio, fatta a colonne per lo stesso principio che ha consigliato di dare alle moderne navi da guerra un albero a tripode. Se fosse una torre piena sarebbe demolita, ma i colpi di cannone passano nel vano fra una colonna e l’altra. È una specie di campanile a giorno, una gigantesca armatura, insolentemente bianca, sulla quale la nostra artiglieria ha infuriato per giornate intere. Gli scoppî avvolgevano la bizzarra costruzione di un fumo denso; si credeva spesso di averla abbattuta, ma quando il fumo si dissipava, l’ostile torre ricompariva intatta. Essa spinge il suo sguardo su tutta la vallata, sorveglia gli approcci da Caporetto, vede i nostri movimenti lungo il fiume.

La Quota 428 è anche una posizione di combattimento, nasconde trincee, e i suoi reticolati scendono fino alla pianura, in mezzo a campi di granturco. Osservando meglio, intorno, ci si accorge di tutta una viabilità sotterranea. Certe siepi lunghe chilometri non sono altro che ingannevoli ripari per nasconderci movimenti d’uomini entro sterminate trincee di incamminamento. I villaggi sono uniti da profondi fossati, che seguono il disegno di un fregio a greca per essere protetti dai colpi d’infilata. Men-