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la conquista della conca di plezzo 309


noi abbiamo spuntato le pinze della tenaglia, che s’impernia a Tarvis, e contro la quale non avevamo potuto costruire nè strade nè forti.

Ora, tutta la conca di Plezzo è nostra.

Abbiamo già descritto l’inizio dell’investimento, il lento, metodico restringersi di un semicerchio di conquista, dal Monte Nero alla Sella Prevala. Fin dalla metà di giugno la nostra azione cominciò a tendersi verso Plezzo, da cui salivano per il vallone dello Slatenik quasi tutti i contrattacchi austriaci contro le nostre posizioni del Monte Nero; ma è nell’ultimo mese che l’offensiva italiana ha assunto in questa zona una energia risolutiva. Fu il 13 di agosto che la grossa artiglieria cominciò a battere le opere nemiche nella conca.

Non si trattava ancora del bombardamento dei forti, che sono oltre Plezzo, nella gola del Koritnica, sulla strada del Predil. Si tirava sulle fortificazioni più recenti erette dal lavoro senza soste di masse di prigionieri, moltitudini di schiavi, sulle pendici dello Svinjak — che si erge a levante della conca, isolato fra la strada del Predil e quella dell’alto Isonzo. È lo Svinjak per il nemico il monte più sicuro; forma una specie di fortezza a cavallo dei due sbocchi maggiori, una fortezza immane che avanza a sperone ed ha per fossato l’Isonzo ed il Koritnica. Sui suoi due fianchi, al di qua dei fiumi, questa fortezza naturale che resiste ancora formidabilmente, ha come