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LA CONQUISTA DELLA CONCA DI PLEZZO.

24 settembre.

Dall’alto della cresta di Colovrat avevamo sentito il cannoneggiare di Plezzo. Veniva da settentrione e passava sulla calma momentanea delle pendici del Monte Nero, come quegli echi remoti di tempesta che arrivano da oltre l’orizzonte in certe giornate estive, serene e ardenti.

Sulla piazza di Caporetto, che pare così vasta fra le casette ad un solo piano, piccole e bianche, incappucciate da nordici tetti scoscesi, abbiamo trovato quel movimento ordinato e denso di carreggi che hanno le ultime tappe nella vicinanza d’una battaglia. Degli ufficiali ci parlavano dell’azione in corso, mentre dalla strada di Ternova vedevamo sbucare nel villaggio in lunga carovana un armento di prigionieri austriaci, quasi tutti giovani, forti, ben vestiti, ben calzati, col cappotto arrotolato a bandoliera, il gran berrettone di croata memoria sulle teste rapate e biondastre, sereni, sorridenti, con l’aria di chi è ben soddisfatto della sua sorte. Intorno a loro cavalcavano carabinieri grigi, che facevano caracollare e