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che si svolgevano su tutto il corso inferiore
dell’Isonzo, si volse allora anche al nord.
Si volse al nord con impeto subitaneo, inaspettatamente. Nella notte del 15 giugno dei reparti alpini scalarono arditamente le difficili balze che si appoggiano da settentrione alla vetta principale. Si avanzava per le cime. All’alba mossero all’attacco della cresta di Vrata. Fu un assalto impetuoso e breve. Un battaglione austriaco, sorpreso, fu sgominato. Alle otto del mattino si erano già fatti trecentoquindici prigionieri, di cui quattordici ufficiali. Alla sera i prigionieri erano seicento, ed avevamo raccolto un largo bottino di fucili, di munizioni, di mitragliatrici. Perduta la posizione, gli austriaci vi concentrarono un intenso bombardamento. I nostri resisterono.
Il giorno dopo si svolse il famoso episodio del battaglione ungherese.
Supponendo forse che il bombardamento avesse sufficientemente preparato un contrattacco, il nemico lanciò alla riscossa le sue migliori truppe. Un battaglione magiaro, fresco e sicuro di sè, tentò una manovra di aggiramento. Partito da un punto detto Planina Polju, a levante del Monte Nero, non lontano dal Passo di Luznica, si diresse nella notte verso il nord, nel vallone, andò a cercare un varco oltre Vrata, attraversò la cresta quasi sotto alla punta di Vrsic, un chilometro e mez-