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so di Luznica, diventato una via di arrocco per le truppe nemiche lungo l’allineamento delle vette da difendere. Enormi lavori hanno trasformato ogni sentiero in comodi passaggi. Vi si lavora anche adesso, e sui sabbioni cinerei delle Cime Bianche si vede come un formicaio oscuro d’uomini all’opera sulle volute serpeggianti e rosate di nuove strade.

La nostra offensiva lungo le propaggini del Monte Nero urtava contro difficoltà formidabili. I trinceramenti nemici non soltanto si allungavano sulle creste, ma le tagliavano, le attraversavano, a cavallo da un versante all’altro. Non era più possibile manovrare, e bisognava salire all’attacco frontalmente dai declivî, e scendere dalla vetta conquistata lungo la dorsale, da punta a punta, prendendo una dopo l’altra le trincee trasversali, sulle quali poi era difficile mantenersi presi d’infilata dalle Cime Bianche. Ma andammo avanti.


Andammo avanti lentamente, con metodo, contrattaccati furiosamente dopo ogni lieve progresso. Il mese di giugno fu tutta una battaglia lassù. I bollettini ufficiali riflettevano sobriamente questo accanimento. Ogni giorno ci dicevano: «Fiera lotta sul Monte Nero....», «lotta tenace....», «resistenza furibonda....». Il nemico tentava di aggirare le nostre posizioni più alte e più avanzate; non risparmiava sforzi per togliersi dal fianco quel cuneo profondo;