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il passo di montecroce | 275 |
cosa fosse successo, e salutavano festosamente.
Dietro a loro, più in alto, il cannoneggiamento
batteva sempre. Si udiva il miagolìo breve e
rabbioso delle pallette di shrapnell. Una scheggia
di bomba è scesa frullando sul ridosso,
ed ogni tanto un ronzìo di pallottole austriache
sperdute, rimbalzate sulle pietre, passava intorno
a noi, lontano, in direzioni imprecisabili,
chi sa dove.
Gli austriaci non hanno attaccato, non si sono mossi dalle loro trincee. Bombardavano, e facevano un gran fuoco di mitragliatrice e di fucile. Ma le nostre truppe accolgono con una indifferenza sublime queste manifestazioni. Preparano le loro granate a mano e aspettano. Perchè è con il lancio delle granate che iniziano i loro attacchi e contrattacchi. C’è sul Pal Grande un famoso lanciatore di granate. Ne mette cinque o sei nel tascapane, e parte dalla trincea, un mezzo sigaro toscano acceso fra i denti. Egli preferisce le bombe lenticolari a quelle sferiche per il suo sistema. Arriva bocconi presso la trincea nemica, mette le bombe in fila davanti a sè, poi col toscano accende le micce e getta i proiettili con la rapidità e la esattezza del giocoliere che lancia i cappelli. E lanciando conta: Uno, due, tre, quattro, cinque.... Le esplosioni si seguono serrate e la trincea si vuota fra grida di terrore. Una volta preparò così un assalto, da solo.