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252 | dove il combattimento non ha soste |
Queste alture famose, con i loro cocuzzoli nudi, frastagliati, precipitosi, messi in rango, sorretti e legati da balze tormentate e scoscese, formano una strana convulsione di pietra in mezzo ad un calmo e solenne anfiteatro di montagne verdi: le montagne di Tierz, di Cimon, di Crostis, dalla parte nostra; quelle di Köderhohe, di Lancheck, di Polenick (la sola che si culmini in una dirupata nudità pietrosa), dalla parte austriaca.
Avevamo già contemplato la truce regione del Freikofel dall’alto del Crostis, durante una delle ultime escursioni. Avevamo visto sotto a noi una confusione di giganteschi macigni, variegata di sterpi, e solo dopo una lunga osservazione ci era stato possibile individuare le cime, distinguerle l’una dall’altra e sorprendervi a poco a poco la nascosta vita della guerra. Gl’incamminamenti coperti, le paurose scalinate scavate nel sasso entro l’ombra di canaloni, i rifugi arrampicati miracolosamente nei greti, i baraccamenti annidati ai piedi delle pareti rocciose, e qua e là le trincee, tutto minuscolo, strano, fatto di solchi, di celle, di tane, fra sparpagliamenti di tronchi trascinati lassù, simili a festuche di paglia, pareva dovuto ad un lavoro d’insetti infaticabili e industriosi. Il cannone taceva, e nel silenzio freddo delle vette risuonavano continuamente dei colpi di fucile, cupi, lunghi, con quel rumore caratteristico delle tavole gettate a terra, un rimbombo da legname scaricato.