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246 la lotta dei colossi


destinati a non muoversi dai forti, ora viaggiano per tutto, trainati da motori, in lunghi e lenti convogli di carrocci pesanti al passaggio dei quali il suolo freme. È come se le fortezze avessero sciolto le righe e manovrassero. Il duello delle artiglierie pesanti, qui come sull’altipiano di Asiago, ha preso una mobilità maestosa. Cessato su Malborghetto riprende altrove, su nuove posizioni, si sposta, gira.


Abbiamo fatto un rapido e largo giro per le valli del Dogna e del Raccolana, che si somigliano un poco, parallele e brevi, egualmente dirupate e truci alle testate, piene di una agreste poesia agl’imbocchi, dove s’ingentiliscono, verdi di prati, disseminate di piccoli villaggi alpestri che seguitano a vivere la loro antica vita eguale sotto al rombo delle artiglierie, e verso i quali alla sera ascendono in fila per sentieri erbosi robuste contadine, curve sotto alla gerla colma di fieno odoroso, rosse e sorridenti.

A Chiusaforte una folla di soldati si serrava intorno a qualche cosa, riempiva la strada, altri accorrevano su dai baraccamenti e dai parchi, delle grida, delle risa, un pigia pigia, un sollevarsi dei più lontani sulle punte dei piedi, un’agitazione di berretti grigi.

«Che c’è?» - chiedevano gli ultimi arrivati. «Dei prigionieri!» — «Cantano!» — «Quanti? quanti?» — «Da dove vengono?» — «E chi li capisce?».... Degli ufficiali sono sopraggiun-