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la lotta dei colossi 231


aprivano il fuoco sul forte Hensel. Nello stesso giorno un deposito di munizioni dell’opera alta scoppiò.

L’incendio durò lungamente; il fumo giallo e denso delle polveri brucianti copriva a tratti la intera collina, lacerato dal bagliore delle esplosioni, le quali lanciavano in aria getti alti di macerie e di luce. Pareva che il forte si bombardasse da sè. Era uno spettacolo di una imponenza indicibile che gli osservatori descrivevano per telefono a frasi concitate, piene di ammirazione e di stupore. Il giorno dopo un altro deposito esplodeva nell’opera bassa.

Il 16 giugno la cortina che univa l’opera alta all’opera bassa era già franata; le piazzole della batteria in barbetta erano scomparse in uno sconvolgimento di massi. Allora avvenne una cosa che fa onore al nemico: il forte rispose. Rispose a caso, senza scopo, per non morire senza un simulacro di difesa. Ma dopo pochi colpi tacque per sempre.

Implacabili i nostri tiri si avvicinavano ai pezzi blindati. Il 23 giugno una cupola dell’opera bassa era sfondata. Essa appare ora spezzata come un guscio spesso e nero, aperta, inclinata. Il 2 luglio si rinnovarono scoppi di munizioni in altri depositi del forte. La demolizione progrediva a zone, regolare, sistematica, inesorabile. Il 28 luglio un’altra cupola era spezzata e, rovesciandosi, il suo cannone levava la gola verso il cielo come quelli di