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224 | la lotta dei colossi |
i forti sono irti, simili a soldatini in ordine
sparso ritti sui terrapieni, e che non sono altro
che gli sfogatoi dei depositi di munizioni
intesi a mantenere la ventilazione dei magazzini
sotterranei. Ma i nostri osservatori, annidatisi
fin dai primi giorni della guerra sui
monti, dall’altra parte della valle, a qualche
chilometro appena dal forte, ne scorgevano e
ne studiavano tutti i particolari. Distinguevano
nell’imponenza geometrica dei suoi profili tutta
la segreta disposizione delle sue parti, dei
suoi collegamenti, vedevano nereggiare sulle
piazzole superiori le batterie in barbetta, e
seguivano il lavorìo della guarnigione che apprestava
la fortezza alla battaglia come un
equipaggio appresta la nave per il combattimento.
Ora non c’è più niente.
Niente, assolutamente niente. Non più muraglioni, non più spalti, non più cupole, non più batterie scoperte, non più strade. È scomparso anche il bosco. Tutto quel folto di abeti che avvolgeva il forte è svanito. Lo stesso sperone di montagna sul quale la fortificazione sorgeva si è trasfigurato, non è più quello, è irriconoscibile, tutto sconvolto, squarciato, imbrunito. Al posto del forte Hensel c’è come una immensa frana, una convulsione di terra e di pietre, una distesa di detriti e di macerie che scende dall’alto del costone fino al torrente. I nostri cannoni hanno fatto questo.