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216 nella valle di sexten


lute filamentose dalle plaghe carbonizzate. Dei riflessi sanguigni palpitano nelle tenebre della notte. L’ultimo incendio si è spento l’altro ieri.


In fondo alla valle, sotto a noi, sporgendoci sulla balza, vedevamo il villaggio di Pàdola, deserto. Le strade stendevano lungo il torrente il loro bianco serpeggiamento senza una macchia. Non un carro, non un uomo. Forse qui, come nelle Fiandre, è alla notte che il movimento delle retrovie si desta. Nell’oscurità romberanno i convogli in marcia, mentre in margine al gran traffico dei veicoli sfileranno silenziose le truppe in nere schiere lente. La valle appariva vuota, solitaria e come addormentata.

Essa è ancora sotto alla vigilanza di un lontano osservatorio austriaco, e si sente guardata. Si finge vuota. Niente può dare pretesto ad un colpo di cannone. Questo osservatorio, per una stranezza della guerra di montagna, s’incunea nelle nostre posizioni. È al Passo della Sentinella, una località che merita il suo nome. Vi si erge, isolata, una guglia dolomitica, sottile, aguzza, che sembra un gigante in vedetta.

Tutti questi monti, come abbiamo già osservato nella valle di Ampezzo, sono fatti, per dir così, a trampolino. Verso l’Austria un piano inclinato, verso l’Italia un salto. Da una parte una comoda via di accesso, dall’altra una parete che bisogna scalare. Così il passo della Sentinella. È stato preso e ripreso varie volte.