Pagina:Luigi Barzini - Al fronte (maggio-ottobre 1915).djvu/235


e intorno al lago di misurina 207


senza udire altro che l’urlo della bufera e il sibilo dei proiettili nemici, degli uomini che quando sono feriti debbono essere impaccati in sacchi e calati con le corde dall’orlo di precipizi, e che quando si offre loro il riposo nella vita, rispondono: «No, noi possiamo servire quassù meglio la Patria, il nostro posto è qui!»

La Patria deve conoscere e riconoscere questi eroismi oscuri, calmi, magnifici, compiuti per la coscienza profonda del dovere, per un’adorazione ineffabile verso la Madre Italia sulla quale si vigila.

Non vogliono scendere le truppe dalle altitudini, anche perchè hanno finito per amare questa montagna conquistata che ora conoscono e che ora le conosce. La montagna si allea a chi la vince, serve chi la doma, offre in difesa quelle stesse difficoltà che si sono dovute superare per espugnarla, svela i suoi tranelli, suggerisce i suoi agguati, combatte anche essa, come un favoloso gigante, per i piccoli uomini che hanno saputo scalarla e comandarla dalla vetta.

Arrivano a Cortina dei soldati dalle altezze a fare provviste. Hanno l’apparenza grave e un po’ stupita di chi giunge dalle lunghe solitudini. Vanno fieramente, raccolti, a passo lento, perplessi talvolta sulla strada da prendere, indecisi, come storditi di rivedere delle automobili, di trovarsi fra le case, nel movimento e nel vocìo. Portano in loro una non so