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e intorno al lago di misurina 203


tacchi austriaci. L’11 agosto, il nemico ritorna all’offensiva. Il giorno dopo siamo noi che attacchiamo e prendiamo delle piccole posizioni sulle pendici occidentali del monte. Gli austriaci non aspettano a lungo per tentare la riscossa, e la notte appresso, dopo un vivo cannoneggiamento, assaltano quelle posizioni che gli avevamo preso: sono respinti.

Così ogni otto, ogni dieci giorni, la battaglia si riaccende. La singolarità è questa: che le trincee nostre e quelle austriache sono separate dalla vetta. Stanno al di qua e stanno al di là, relativamente vicine ma invisibili le une alle altre. E tutto intorno, appiattata dietro dossi vicini, una quantità di artiglierie, italiane da una parte e austriache dall’altra, domina la sommità del monte. Perciò la vetta è intenibile. Di notte o di giorno, appena uno dei due avversarî vi si affaccia, una pioggia di granate trasforma il Piana in una specie di vulcano. Se nessuno si muove, così a ridosso dei due versanti, le posizioni sono invulnerabili.

O vi è un furore inaudito di combattimento che spande i suoi echi da temporale fino alla vallata del Piave, o è la pace profonda. Così profonda che quando siamo arrivati a Misurina ci sentivamo soggiogati dal silenzio prodigioso della valle melanconica, oscura sotto ad un cielo basso e grigio tutto variato da un lento e tortuoso svolgersi di nubi, che ce-