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e intorno al lago di misurina 195


monte, e dentro alle trincee di cemento, le quali non sono che sterminati corridoi dalle spesse pareti, illuminati da sottili feritoie.

Anche gli altri forti sono ormai silenziosi. Ai primi di luglio le nostre batterie aprirono il fuoco contro i forti di Landro e di Platzwiese. L’8 luglio in quest’ultimo si scorsero le fiamme e il fumo di un grande incendio, che durò tutto il giorno. Il 14 una batteria austriaca annidata più indietro di Landro, sul Rautkofel, fu parzialmente smontata. I forti sono ora demoliti o quasi. Però la Grande Guerra aveva già svalutato l’importanza delle fortificazioni permanenti, e gli austriaci non si sono lasciati prendere alla sprovvista. Hanno ritirato in tempo le artiglierie dai forti battuti e, per vie di arrocco nascoste, preparate da lunga mano, probabilmente munite di rotaie, trasportano i pezzi da un punto all’altro, spostandoli appena una posizione comincia ad essere individuata.

Questo non li salva sempre; i nostri tiri lì rintracciano e li seguono da appostamento ad appostamento; le batterie italiane anche esse si muovono; è un lento duello di mostri. Ma è difficile ad un profano rendersi conto dei problemi complicati che questi spostamenti impongono. È tutta una geometria di traiettorie e di parabole che traccia le sue linee immaginarie sulle vette dei monti. Sono calcoli di angoli, misurazioni infinitesimali, e ogni colpo di can-