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194 | nella conca d'ampezzo |
È una situazione inverosimile; i cannoni nemici
che tirano di tanto in tanto su Cortina, che
cercano di sfogare la loro tonante ostilità sopra
un raggio di dieci o dodici chilometri, non
possono niente contro le truppe che vivono
appostate a poche centinaia di metri da loro.
L’artiglieria è impotente contro di esse.
Il Sompauses da lontano ricorda il forte Porr, che vedevamo in Val Giudicaria. Uno sperone di montagna sporge alla sinistra del torrente, e a mezza costa, sopra un ripiano, in una boscaglia di abeti una linea giallastra di terre smosse, una confusione di spalti freschi, di parapetti, di ripari, si avanza sotto ad un zig-zag di strade militari, che rigano il bosco e le rocce più in alto come venature rossastre. Sotto al forte il pendio è ripidissimo, scoperto, brullo, difficile all’assalto, e percorso da fasci di reticolati.
Il Sompauses è come una belva che non può più mordere, ma che non si può ancora prendere. È stretta dalla grande battuta, ridotta quasi all’impotenza, ma vive, rintanata e torva. Se spara un colpo, il Sompauses è coperto di granate: decine di cannoni gli impongono silenzio; le nostre artiglierie lo tengono sotto ai loro tiri; il terreno intorno alle opere appare sgretolato delle esplosioni. Perciò il Sompauses spara raramente. Tutti i suoi difensori si tengono sepolti entro i cunicoli e le gallerie scavati nel