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sulle vette dell'alto agordino | 187 |
gnami, meccanici, lavorano intorno a grandi
edifici, primitivi e rozzi, odoranti di resina, ai
quali si danno nomi pittoreschi: la Nave, il Palazzone....
Tutto ciò sparirà nella neve. Fra rifugio e rifugio si comunicherà attraverso gallerie scavate nel candore azzurrastro del ghiaccio. Si uscirà alla superficie gelata del monte come si esce da un pozzo, e via sugli sky leggeri che mandano scivolando uno stridore sommesso di seta lacerata, via sul bianco vestiti di bianco.
Per allora si falcia l’erba, che nutrirà il bestiame nelle stalle chiuse e piene di un caldo profumo di muschio. Per allora si ammassano munizioni e viveri nelle capanne e nei ricoveri. E bisogna che per allora le donne italiane si affrettino a far calze di lana, delle quali più di ogni altra cosa c’è bisogno.
Dopo essere saliti per chilometri e chilometri nella solitudine della montagna, sorprende e rallegra l’attività di questi campi, che lambono le nevi eterne, e che si trasformano in bei paeselli popolosi. Saranno le cittadine d’Italia più vicine al cielo.
I soldati vi hanno già creato una industria nuova. Con l’alluminio delle spolette austriache fabbricano dei graziosi e singolari anelli da dito, sui quali intagliano, con una perfezione proporzionata alla perizia, date, sigle,