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180 sulle vette dell'alto agordino


Si tratta di un passo secondario, di transito difficile perchè qui, come in tante altre valli, per ragioni di difesa noi non avevamo fatto giungere le nostre strade carrozzabili fino alla frontiera. L’Austria ha spinto su tutti i confini ottime strade militari, e a noi, in condizioni d’inferiorità, non conveniva allacciarle alle nostre vie. Avremmo favorito l’invasione che vedevamo preparare. Così, su moltissimi valichi le strade austriache e quelle italiane sono separate da chilometri di montagna selvaggia. Ma la valle di San Pellegrino ha qualche importanza strategica, perchè comunicando con la valle italiana del Cordevole essa forma uno sbocco sulle nostre retrovie.

Noi la sbarriamo. Nel fondo, pieno di un’ombra verde e melanconica, verdeggiano dei prati folti; si distendono, limitati da fossi e da muricciuoli, piccoli campi da pascolo, disseminati di tabià e di casette, e ciuffi di alberi mettono qua e là la macchia scura delle loro chiome. Ma poco lontano dal torrente, sui fianchi, i prati ascendono subito, come tappeti distesi sopra una scala, e, precipitose, le balze dei monti si levano, coperte di abeti e coronate di rocce.

Nel mezzo della valletta, sotto a noi, vediamo delle rovine calcinate. Sono i resti del villaggio di San Pellegrino. C’era un albergo, c’era una chiesuola, un gruppo di casupole intorno. Gli austriaci hanno bruciato tutto ri-