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fra i torrioni delle dolomiti 165


stri che proseguivano, colmando i vuoti, finchè sparirono tutti nella trincea nemica. I lavori di rafforzamento furono rapidi. Qualche giorno dopo, un altro passo avanti.

All’imbrunire furono portati due pezzi lassù. Venivano issati adagio adagio, nel buio. Lunghe file d’uomini silenziosi tiravano le corde, puntando i calcagni ai tronchi degli alberi, e non si udiva che il loro ansimare. A mezzanotte i due pezzi erano fuori delle posizioni, pronti. Erano a sessanta metri dalle trincee austriache. Ai primi colpi, così vicini che le spolette erano graduate a zero, gli austriaci sorpresi abbandonarono le trincee e fuggirono attraverso le ultime propaggini del bosco, poi sui prati macilenti dell’erta vetta.

Il 28 luglio l’attacco progrediva sul costone sud che scende verso Pieve. Il 4 agosto, un altro assalto, e si prendeva l’ultima linea di trincee austriache, oltre le quali non ci sono più che le ridotte: il Panettone e il Cappello di Napoleone. Ma appaiono formidabili.

La nostra artiglieria le batte con una precisione stupefacente, ma la loro posizione elevata le protegge in parte dal fuoco. E l’artiglieria austriaca, ben nascosta dietro qualche spalla del monte Sief, che è quasi una seconda vetta, più lontana, del Col di Lana, può concentrare efficacemente i suoi tiri sulle due ridotte al momento in cui fossero prese. La preparazione di ogni movimento deve essere