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162 fra i torrioni delle dolomiti


cio ha l’aspetto della terra lavorata di fresco. Tutta la parte superiore del monte e come vangata dalle esplosioni delle granate. Sembra scorticata. Anche la vita vegetale è fuggita. Le due ridotte, sporgendo sui costoni, dominano. Un poco al disotto, altri solchi, più sottili, si direbbe più svelti: le trincee che assaltano. Si vedono venir su come delle serpi, tracciando una linea piena di violenza, a zig-zag. La testa avanza, si tende, e la coda si perde in basso fra le prime boscaglie, fra gli abeti più snelli e più arditi, avanguardie della selva che sembra montare all’assalto anche lei, tutta irta di punte verdi.

In mezzo agli alberi, del legname biancheggia in un disordine da cantiere. Si combatte il nemico e il freddo, si scavano trincee e si fanno rifugi, si lotta e si lavora, bisogna vincere l’austriaco e la montagna. Ma tutto questo s’indovina senza vederlo. Le nostre posizioni sembrano deserte come quelle avversarie.

Per riconoscere quei due cucuzzoletti fortificati i soldati hanno dato loro un nome. Uno a destra, più alto, lo chiamano il Cappello di Napoleone; l’altro il Panettone. Ci vuole una straordinaria fantasia per riconoscere la più vaga somiglianza fra quelle due fosche ridotte e le cose indicate dai loro nomi, ma su tutto il fronte sorge la necessità di creare una nomenclatura per località anonime, che prendono inaspettatamente un interesse enorme nel-