Pagina:Luigi Barzini - Al fronte (maggio-ottobre 1915).djvu/183


fra i torrioni delle dolomiti 155


dal basso, dal piede delle sue pareti a picco, ha qualche cosa di soprannaturale e di pauroso. Lo sguardo sale al cielo lungo la roccia tormentata che strapiomba, e quella mole vertiginosa che esce dalla logica delle nostre concezioni incute un vago senso di sgomento. Sui suoi fianchi corrono crepacci profondi, strane feritoie nelle quali un buio ostile si agguata. Da un lato la portentosa muraglia si sfalda, e forma delle guglie aguzze, fra le quali s’insinua nell’ombra la precipitosa e cinerea fiumana di detriti dei canaloni.


A oriente, il massiccio roccioso, biancastro, tutto a stratificazioni, sul quale la torre si fonda, risale a piano inclinato, va su dolcemente come un bastione, come il muro di cinta di una favolosa fortezza di cui l’Averau sia il mastio, e forma la vetta del Nuvolau. Nella sella fra le due vette, un rifugio, una casetta di pietra, il «Nuvolau Pass Hütte». Sulla cima del Nuvolau, un altro rifugio, un puntino bianco, il «Saxendankehütte». In realtà sono due caserme austriache che dovevano permettere la difesa del passo. Ma la montagna fu presa quasi senza lotta nella rapida avanzata iniziale, dopo l’occupazione del Porè, le cui falde verdi abbiamo contornato salendo. Ed ora il gruppo del Nuvolau si erge dominatore sulla lotta che si svolge intorno, a semicerchio, da levante a ponente.