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una maestosa battaglia di fortezze 147


La incantevole conca di Borgo è deserta. I paesi sono abbandonati. Nulla si muove sulla via bianca. La polvere s’accumula sulle soglie delle case, insieme a detriti di carta e di paglia portati dal vento. Tutti i ponti sono saltati. Non uno ne hanno lasciato intatto gli austriaci. A Grigno, non lontano dalla frontiera, e più oltre, presso Borgo, hanno interrotto i passaggi a colpi di mina. L’acqua del torrente Maso gorgoglia fra i rottami contorti dei ponti di ferro della ferrovia — i cui binari sono rimasti per un tratto stranamente sospesi — della strada rotabile principale e della strada di Scurelle; tre ponti vicini, le cui campate, crollate allo stesso modo, spezzate agli stessi punti, hanno una non so quale bizzarra analogia di gesti.

Poco lontano, il campanile di Borgo, dal pinnacolo singolare come una punta di pagoda, si leva giallo e scintillante al sole sopra un fresco stormire di pioppi. Le persiane chiuse danno alle case del paese silenzioso un’apparenza di paura, come se esse avessero serrato gli occhi per non vedere. Su queste case spaventate e sole, di tanto in tanto arriva una granata: un ronzìo profondo e lamentoso, uno scoppio, una nube di fumo e di polverone, ed un edificio ferito versa sulla strada qualche frammento bianco.

La stazione, ad un limite del paese, appare danneggiata dai colpi. Ma furono colpi no-