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una maestosa battaglia di fortezze 143


bianco e sparpagliato delle tende. Qualche nuvoletta di shrapnells si forma, uno scoppio risuona, gli ometti lassù rimangono immobili. Un paio di cannoni da montagna austriaci abbaia cautamente contro le nostre nuove posizioni, ma nessuno ci bada.


L’assalto nostro è arrivato sul Salubio di sorpresa. L’ascensione e durata un giorno intero. Dopo un abile movimento aggirante, compiuto di notte, l’alba del 24 ha trovato le truppe destinate all’attacco tutte nascoste nelle foltissime boscaglie che coprono le falde fin quasi alla vetta. Su tutto il Salubio non c’è che un triangolo di prato, il cui velluto verde si stende sulla spalla oscura della montagna, disseminato di baite deserte. Lentamente, lentamente, strisciando, ascoltando, inerpicandosi con cautela da rovo a rovo, da tronco a tronco, le truppe, in silenzio perfetto, precedute da punte di esplorazione, salivano nell’ombra più cupa, evitando le radure, lontano da ogni sentiero. Alle cinque della sera si avvicinavano al limite alto del bosco. Qui furono fatte fermare, per dar loro un po’ di riposo. Gli austriaci erano trincerati a cento metri da loro.

Mezz’ora dopo si potevano scorgere dal basso, attraverso i binocoli, le prime pattuglie che uscivano dal folto, fra gli ultimi rovi. Parevano immobili, tanto il loro avanzare era lento, guardingo, felino. Gli austriaci non era-