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tra le balze dell'adige 137


vole. Al grido di «Arrendetevi!» rispose: «Io non mi arrendo che per ordine dell’Imperatore!» — e cadde trafitto. Gli altri fuggirono.

Ora tutta la montagna è nostra, e dagli ultimi suoi contrafforti settentrionali i nostri avamposti vedono allargarsi sotto a loro, nella vallata profonda, Rovereto. L’altro versante del Coni Zugna scende sulla Vallarsa, che è pure nostra. A Rovereto essa si congiunge con la valle dell’Adige. Rovereto è il centro al quale converge una immane stella di valli nelle quali l’avanzata italiana si è incanalata. Sulle montagne, fra valle e valle, tuona l’artiglieria nostra. Invisibile e dominante, arrivata lassù come per miracolo, lungo strade improvvisate che si slanciano alle cime con un zig-zag da saetta, essa spande come un temporale il suo tuono nelle alte regioni dell’atmosfera.

Si sale alla Vallarsa per la strada di Schio che ascende al passo delle Dolomiti. Si viaggia lungamente nel panorama fantastico delle vette gigantesche, irte di cuspidi e di torri favolose, rossicce o cineree, pallide nella profondità del cielo, immerse nel diafano oceano dell’aria che le tinge un poco del suo azzurro, e nelle quali pare di vedere rovine paurose di costruzioni sovrumane, ruderi di castelli olimpici.

La Vallarsa è quieta come la Val Lagarina. Vi si aspetta. Il rione di San Giusto, il lembo orientale di Rovereto, mette un tremulo