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tra le balze dell'adige | 129 |
dallo scivolare con tutti i suoi ciottoli. Erano
circa le dieci e mezzo del mattino. Il generale
aspettava le sue truppe. Intanto alcuni individui
sbucavano fuori e si avvicinavano a lui
ossequiosi, assicurandolo della loro lealtà e del
loro patriottismo. Gli austriaci? — dicevano
costoro. — Neppure l’ombra. Erano fuggiti tutti.
Mentivano. Nessuno disse al generale che la gendarmeria austriaca, rinforzata da un reparto di fanteria territoriale, era all’uscita del paese dove da tre notti lavorava a trincerarsi. Questa menzogna noi abbiamo generosamente dimenticato.
Tre quarti d’ora dopo si udì il passo dei soldati per le vie. Delle porte si schiusero, delle voci di saluto risuonarono. Le case dei patrioti furono in rumore, e il grido di «Viva l’Italia!» scendeva da alcune finestre. All’avanguardia che, fra uno scintillìo di baionette in canna, sboccava sulla piazzetta, il generale diede l’ordine di proseguire ed occupare gli approcci settentrionali del paese. Repentinamente, appena i soldati, voltato l’angolo, sbucarono fuori dall’abitato, scoppiò la fucilata, violenta, intensa, vicina, imprevedibile.
Da quel lato la città si affaccia sul letto ampio e sassoso del torrente Ala, e la strada lo segue per un tratto prima di attraversarlo sopra un ponte. All’altra riva del torrente, si distendono delle vigne sorrette da lunghi muri che si sovrappongono a ranghi, dando l’idea