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tra le balze dell’adige 125


sestava lentamente gli occhiali sul naso e ammiccava con i suoi occhi da studioso miope, impassibile al fuoco, immobile, attento, come un matematico avanti ad un problema. Poi, quietamente, dettava gli ordini al suo capo di Stato Maggiore, che lo seguiva per disciplina, per dovere e per amor proprio.

Quando voleva recarsi in esplorazione, il generale non mancava di chiedere il parere dell’ufficiale. Ascoltate le eccellenti ragioni che sconsigliavano il progetto, egli concludeva «Allora, andiamo!» — e partiva in avanscoperta. Aveva un’inflessibilità verso di sè e verso gli altri, che era tutta scritta nell’energia del suo volto. Ignorava il pericolo; lo aveva affrontato tante volte impunemente che si era fatta la persuasione di una invulnerabilità. «La morte non mi vuole», diceva. E ci credeva. La morte lo ha afferrato così repentinamente nella sua ultima temeraria esplorazione fra le orrende rocce delle Tofane che egli non l’ha sentita venire e non ha avuto il tempo di ricredersi.

A Borghetto entrò a piedi. Dal campanile del villaggio una pattuglia austriaca aveva tirato dei colpi verso la strada. Poi questo fuoco era cessato. Cantore volle andare a vedere se il paese era sgombrato dal nemico. Due guardie di finanza del posto di frontiera gli fecero da fiancheggiatori. La pattuglia austriaca era fuggita. L’avanzata incominciò. Cantore partì avanti, in automobile, come per una passeggiata.