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agli uliveti del garda | 121 |
scesi fino alla valle. Falegnami, muratori, carpentieri, zappatori, lavorano al sole, cantando. Gli accampamenti che s’inerpicano con un disordine da armenti al pascolo sui prati e sulle boscaglie dei declivi, sono pieni di vita e di allegria. Direi quasi che scendono da essi delle buffate di giovinezza e di vigore.
Se il nemico contasse sulla nostra stanchezza, s’ingannerebbe molto. La guerra ci tempra. Pare che i nostri soldati ritrovino al campo una vita che conoscevano, che amavano e che avevano dimenticata.
Compiono opere meravigliose che la sola forza non può fare senza l’entusiasmo. Il dorso delle più aspre montagne è solcato dalle volute di strade che scalano l’inaccessibile e per le quali l’automobile ascende. Sono centinaia di chilometri. I più grossi cannoni italiani tuonano da vette sulle quali finora non s’era posata che l’aquila. Declivi e rocce, ad altezze vertiginose, sono tagliati dal varco aperto dalla sapienza, dalla volontà, dalla gagliardia dell’esercito, e le strade nuove, simili a venature sui monti, portano come vene un fiotto di vita nostra alle più eccelse altitudini.
Per interrompere la strada di Ampola, quella che va a Riva, gli austriaci hanno fatto crollare in un punto la montagna con tre tonnellate di dinamite. La strada che era incavata nella roccia è scomparsa, e con lei tutta una falda della roccia. Ebbene, si è fatto un ponte che