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agli uliveti del garda 119


austriaci, che tentavano di resistere all’attacco, mentre si combatteva a brevissima distanza, facevano fuoco sui feriti.

Di tanto in tanto, una volta o due al giorno, la bella quiete della valle Giudicaria è interrotta da un rimbombo di cannonate. Tre o quattro granate austriache arrivano intorno a Condino. Un po’ di fumo, un boato, ed è finito. È il forte di Por che abbaia, accucciato sopra un costone di fronte allo sbocco della valle Daona.

Vi è tutto un gruppetto di forti lì, a quel bivio di valli, ma soltanto quello di Por prende la parola, forse perchè è il più vicino, o forse perchè è il più moderno. Può anche darsi che gli altri forti siano stati disarmati per coronare con le loro artiglierie le posizioni lungo la Daona.

Il forte di Por si vede nettamente. L’erba non è ancora nata sui suoi spalti, che macchiano di una nudità rossastra il fianco del monte, come una frana. Però un muraglione di appoggio laterale delle opere, rimasto scoperto, è sagacemente tinto di verde, ma di un verde tenero inverosimile che non appartiene a nessuna vegetazione di questo mondo. Sulla spianata le cupole di acciaio si profilano basse, cinque calotte che sfiorano appena la superficie. Intorno, il prato e il bosco fanno largo, come arretrando davanti a questa fragorosa intrusione sulla selvaggia bellezza del monte.