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agli uliveti del garda 113


mori, tutti i mormorii, tutti i fruscii, tutti gli echi delle valli; sentono la vicinanza del nemico con un orecchio selvaggio. La razza conservava insospettate armi di guerra, delle facoltà combattive discese a noi da remote e gagliarde generazioni conquistatrici. E con esse, la gioia naturale e piena di battersi e di battere.

Le pattuglie partono lietamente, contente; hanno sempre in serbo qualche cosa di nuovo per il nemico. Studiando le abitudini degli avversari, esse inventano tranelli, organizzano sorprese, con il buon umore col quale si prepara una burla. Ne sanno più loro della mentalità austriaca che non tutti i psicologi del mondo. La zona aspra che separa i due fronti è un terreno di agguati, di sorprese, nel quale i nostri soldati hanno scoperto tutta una viabilità invisibile.

Un giorno verso l’imboccatura della valle Daona, un tenente dei bersaglieri scoprì un posto d’osservazione austriaco: una baita che si affacciava alla boscaglia sopra un costone. Si mise alla posta, per vari giorni di seguito, e vide che la pattuglia austriaca nascosta lì dentro arrivava alla prima alba, lasciando una sentinella celata fra le piante, e ripartiva al tramonto. Una notte il nostro tenente prese dieci uomini con sè (fu una gara per seguirlo) e partì.

Prima del giorno i nostri circondavano la