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agli uliveti del garda 109


pattuglie, di piccoli reparti, disseminato di vedette, percorso da esplorazioni, nel quale risuona improvvisamente lo scoppiettìo della scaramuccia.

È un territorio solcato da burroni, coperto spesso da oscure boscaglie che assaltano i declivi precipitosi e si fermano stanche sotto alle vette nude, è tutta una moltitudine di montagne che si affolla come in gara per sorpassarsi, irta di rocce dall’apparenza inaccessibile, che levano nel cielo, fin oltre i duemila metri, le sagome più bizzarre dell’architettura del mondo, i più inverosimili castelli della creazione.

L’avanzata è stata una corsa alle sommità. Per essere padroni della valle bisognava essere padroni dei monti. Quando il 24 maggio, con la contemporaneità e la coordinazione meravigliose che caratterizzano tutto lo sviluppo delle nostre operazioni, fu portato l’attacco sull’intero fronte, dallo Stelvio al mare, il bollettino ufficiale annunziò al paese anche l’occupazione di una parte della valle Giudicaria. Ma nessun soldato aveva ancora posto piede sulla strada maestra, la vera valle era deserta: però la tenevamo già. Era sotto ai nostri sguardi e ai nostri tiri. Gli avamposti italiani la contemplavano affacciandosi ai dirupi.