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108 dai ghiacciai dell'adamello


vatoi, i suoi androni risuonanti di traffico, e gli spalti che si sporgono a immergere nell’acqua del lago le loro speronate robuste e grigie. Poco dopo si varca l’antica frontiera. «Regno d’Italia — Comune di Lodrone» si legge all’imboccatura del primo paesello riconquistato, al posto della scritta austriaca.

Del resto di austriaco non aveva che una scritta. Essa era indispensabile per avvertire che lì cominciava l’Austria. Null’altro lo dimostrava. Bianco, quieto, imbandierato, il paese ha l’aria ridente e soddisfatta di un villaggio brianzuolo. Più oltre, passato Darzo, s’imbocca la valle e la vita normale cessa. Non vive più che la guerra.

Un grande, prodigioso silenzio. Solo un mormorìo cupo ed eguale di acque echeggia sommesso fra le scoscese falde delle montagne: è il Chiese, veloce e limpido, nato dalle nevi eterne, tinto di un azzurro da aria liquida, come se sulle cime dell’Adamello, così vicine al cielo, si fosse imbevuto di serenità. Più ci si inoltra verso il fronte, e più la calma appare profonda.

I due eserciti si sono fissati sulle loro posizioni, e aspettano. Si osservano, si studiano, vigilano, lavorano. Le linee più solide delle reciproche difese sono lontane fra loro. Vi sono certamente delle trincee, ma non è una guerra di trincee. Fra un fronte e l’altro si stende una zona neutra, campo d’azione di