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tra lo stelvio e il tonale 105


forse quello della luna sottile che stava per sorgere, si stemperava in un biancore di nubi e di nevi. Non si capiva bene quali erano le nubi e quali erano le nevi. Era un caos di vapori e di cime. Delle fascie di nebbia si distendevano sul nero delle pendici. Improvvisamente un getto candido di luce ha tagliato la notte: il proiettore di un forte.

Esso cercava lentamente intorno, e quella gran striscia illuminava di un confuso e lieve balenìo i punti che toccava. Poi, il raggio che si stendeva orizzontale ha cominciato a sollevarsi. Guardava in alto. Adagio adagio si è disposto quasi verticalmente, come se frugasse nel cielo. Le nubi e le nebbie si sono rischiarate, e prodigiosamente, al di sopra di tutto, dove a noi pareva che la terra fosse finita, dove credevamo di vedere uno scintillare velato di stelle, si è accesa la neve, e un minuscolo lembo di ghiacciaio è apparso come librato nel firmamento.

Poco dopo un baleno ha disegnato di vivida luce i contorni delle nubi: un colpo di cannone. Dopo molti secondi è arrivato il rombo, cupo e lungo.

Tutta la notte l’artiglieria ha tuonato, a larghi intervalli, come se un temporale lontano imperversasse sulle più alte regioni della guerra. Gelava, e nella oscurità la terra intorno a noi biancheggiava di brina.