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tra lo stelvio e il tonale 97


Si arriva al villaggio di Santa Caterina, tutto pieno di alberghi, chiuso in una conca verde di boschi, circondato da pendici che lontano, in alto, si culminano in un panorama di nevi. Fra le vette, la più alta, regolare come una piramide, tutta bianca, è quella del Palon della Mare, dai declivi molli, soffici, pieni di ombre azzurre, come fianchi di nubi. Fra questa vetta e la cima del Monte Vioz, più lontana, invisibile, oltre la frontiera, vi è un’avvallatura valicabile che conduce al ghiacciaio del Forno, più basso sul versante italiano, e da lì all’alta Valfurva. È la strada preferita dalle incursioni austriache, piccole incursioni che tentano delle sorprese.


L’ultima incursione è avvenuta una settimana fa, nella notte del 9. Una cinquantina di cacciatori tirolesi attraversarono i ghiacciai per attaccare l’Albergo del Forno. È un rude e grande albergo da villeggianti eretto sopra un verde pianoro in una regione di baite, di fronte al ghiacciaio del Forno — ma dal quale lo separa un profondo torrente. Nell’albergo era un nostro posto avanzato. L’attacco e la difesa costituiscono un infimo episodio di guerra, ma infinitamente pittoresco.

Gli austriaci hanno in queste regioni una facilità di movimenti favorita dall’esistenza di alberghi e di numerosi rifugi, ampî, costruiti da società pangermaniste, da una quantità di ve-