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86 | in un ospedale |
acciuffavano urlando certe parole difficili. È
allora che ho avuto paura. Che paura! Una
paura che mi ha dato la forza d’un leone.
Calci, pugni, morsi.... Ma fu un momento. Eravamo
sull’orlo d’un precipizio, che io non vedevo.
Per non essere trascinati giù, m’hanno
lasciato andare. Così sono caduto fino in fondo,
ma ero libero. E mi sono conciato così.»
— E poi? — gli hanno chiesto a questo punto.
«E poi, chi lo sa! Devo aver dormito. Quando mi sono svegliato era giorno. Non capivo niente, non sapevo dove ero. Cannonate, fucilate, e, ad un certo punto, su, in alto ho sentito urlare: Savoia! Savoia! Allora ho pensato che dovevo risalire per ritrovare i nostri, e via, piano piano, come una lumaca, tra le pietre. Ho girato così tutto il giorno. Alla fine una voce mi ha gridato: Eh! torna indietro! Dove vai? Da quella parte ci sono gli austriaci! — Ho riconosciuto il maggiore, che mi avvertiva. Allora, naturalmente, sono tornato indietro. Basta, per farla breve, alla mattina dopo ero arrivato sulla strada maestra di Ronchi. Un po’ mi fermavo a riposare e a mangiare l’uva acerba delle vigne, un po’ mi trascinavo. Passavano convogli di munizioni, passavano riserve. Verso le nove m’hanno raccolto..... Cosa? Se ho sofferto molto? No, ero così contento di essere scappato da quelle grinfie!»
Gli sfebbrati, i convalescenti, quelli che si