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rotta e mi costringeva ad un poco dignitoso equilibrio. Doveva risalire all’epoca di Lalla Mannanah, quella sedia.

Il pascià si è fatto portare da un piccolo schiavo negro tutti gl’ingredienti necessari per confezionare un perfetto the marocchino, e, come vuole l’uso, ha preparato la bevanda con le sue mani avanti all’ospite, con gesti ieratici, e l’ha assaggiata per il primo al fine di dimostrare che non era avvelenata. L’ospite, dal lato suo, deve provare la sua fiducia bevendo almeno tre tazze, il che è un grave sacrificio per noi che troviamo in quel the, dolcissimo e terribilmente profumato alla menta, tutte le caratteristiche d’un eccellente dentifricio. Il the va assorbito a sorsi piccoli, ma rumorosi: è di prammatica. Mentre mi assoggettavo a questi tormenti ho chiesto al governatore:

— Sei contento che stabiliscano nella tua città una polizia europea?

— Sono contento ― mi ha risposto ― che l’Europa tutta sia nostra amica.

— Ti ringrazio di avermi mandato i tuoi soldati a custodire il mio campo.

— Il mio dovere è di proteggere la tua vita preziosa.

La strada di Fez è sicura?

In questo momento puoi andarvi con l’oro nel palmo della mano.