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Allisciandosi la sua gran barba nera, il governatore mi ha assicurato che il paese era in pace. Tuttavia non poteva permettermi di attendarmi fuori delle mura, e mi concedeva un posto negli edifici governatoriali. Per di più mi forniva una scorta di suoi soldati per continuare il viaggio fino a Laraishe.

Mi ha detto poi di essere stato a Roma con un’ambasciata al Papa, e di ricordarsene con molta soddisfazione.

― Che cosa ti è piaciuto di più a Roma? chiesto. Egli non ha esitato a rispondermi gravemente: ― Le fontane!

Incoraggiato da questo sfogo confidenziale, ho ardito di domandargli che cosa pensasse della Conferenza d’Algesiras. Questa volta ha meditato prima di rispondere. Ha aggrottato le ciglia pensosamente, si è guardato la punta d’un piede, poi la punta dell’altro piede, ha annusato una presa di tabacco, e alla fine mi ha fissato risolutamente e mi ha detto:

― Niente!

La sua, del resto, è un’opinione molto diffusa, e perciò rispettabile.

Per paura di altre interrogazioni compromettenti, Sid Abd el-Halak si è affrettato ad augurarmi una lunga vita illuminata da tutte le benedizioni, e s’è congedato. Egli era accompagnato da scriba, da servi e da soldati, ed ho udito tutta questa gente allontanarsi in massa con un gran rumore di ciabatte sull’acciottolato della strada.

S’era fatto tardi. I muezzin avevano già annunziata la preghiera del Mogrib (la quale si recita " quando la luce del giorno morente non basta più a far scorgere un capello tenuto fra due dita „). Si avvicinava per me l’ora del riposo, e l’ospitale agente consolare non voleva lasciarmi uscire dalla sua casa. Mi tentava, offrendomi di farmi dormire nel Jetto del Duca di York, ora Principe di Galles. Come fosse possibile dormire nel letto dei grandi! Ho rifiutato, e sono andato ad occupare l’angolo destinatomi dal governatore nel Dar el-Makhzen — nella Casa del Governo.

Era una notte incantevole. Le viuzze deserte risuonavano