Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 47 — |
-47Intendiamoci, esse non si sollevarono contro il Sultano, nè contro il pretendente. L’idea d’una rivoluzione non può essere divisa dall’idea d’un governo, e per queste tribù nomadi e selvagge, il governo è una potenza invisibile e indefinibile come una divinità. Ne hanno una paura religiosa e
ne subiscono l’influenza. Ma quando questa potenza è battuta in guerra, il suo prestigio sfascia, la paura si dissipa e l’influenza sparisce. Il Gebala non comprende che una cosa, e cioè che è libero di fare quel che gli pare. La sua logica è semplice se il Maghzen è sconfitto, vuol dire che Allah non protegge più il Maghzen, e vuol dire che non c’è più una milizia da temere. I più forti ne profittano per gettarsi sui deboli e derubarli; derubati si uniscono fra loro e rovesciano le sorti; sorgono arditi capi che organizzano lotte e rapine; i campi sono abbandonati, gli armenti razziati, la gente pacifica fugge; sulle rovine dell’agricoltura e della pastorizia s’insedia il brigantaggio; il paese non produce più nulla, il fuoco e il ferro portano la desolazione ovunque, tutte le energie si logorano in un perpetuo tradimento, il popolo divora se stesso; la miseria e la fame sopravvengono atroci e accendono nuove vampate di sanguinose cupidigie.