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vicino alle loro pantofole e ai loro fucili e per viuzze anguste fiancheggiate da piccole case miserabili e bianche, guardati con curiosità poco benevola dagli arabi che al vederci si coprivano del cappuccio in segno di disprezzo (tenere il cappuccio rovesciato è un atto di deferenza e di rispetto), e seguiti durante tutto il nostro tragitto da una chiassosa coorte di monelli seminudi, i quali ci gridavano in cantilena: “che Allah ti danni!” oppure: “che Allah bruci te, tuo padre, tua madre, e tutti i tuoi antenati infedeli!” o “mentitore figlio di mentitori sii divorato da Satana!” ed altre simili cortesie all’indirizzo mio e del mio albero genealogico, siamo giunti alla casa Benchetton.

Da trecentosedici anni, cioè da quando Filippo II re di Spagna e Portogallo ritirò la sua guarnigione, Azila non ha più avuto residenti europei. E città chiusa. Ciò spiega il singolare saluto che ricevevo da quella buona popolazione, la cui ostilità però è fortuna per semplicemente platonica. Alcuni europei da Tangeri vanno talvolta ad Azila per cacciare il cinghiale che abbonda nelle vicinanze, ma le battute non sono così frequenti da abituare gli abitanti alla vista dei Nazareni. Non c’è che il nostro agente consolare che registri e ricordi queste caccie, poichè nella sua qualità di rappresentante diplomatico universale egli si trova ad essere il protettore universale di tutti i cacciatori.

Egli si è affrettato infatti a parlarmi di battute rimaste celebri negli annali della sua memoria, battute che hanno condotto nella sua casa illustri viaggiatori, e ha voluto mostrarmi un letto nel quale ha dormito per una notte il Duca di York, ora Principe di Galles.

Ma da vari anni mi ha detto sospirando viene più nessuno!

La conversazione s’è incamminata così sopra avvenimenti che negli ultimi tempi hanno isolato anche più questa città già sperduta e dimenticata.

Quando furono note le sconfitte subite tre anni or sono dalle truppe imperiali sulla via di Taza nella loro lotta contro il pretendente, vi fu un vasto movimento di sollevazione fra le popolazioni campagnole di Khlot.