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— 21— delle piante i cui folti allacciamenti fanno pensare ad una lenta e sterminata lotta per sopraffarsi, per levare ognuna più in alto il suo fiore come una bandiera smagliante. Per ore ed ore si cammina senz’altra guida che le cime dei monti lontani, si taglia dritto verso un punto dell’orizzonte, come navigando nel verde. Pare di sentire sul viso l’alitare caldo della terra appena calpestata dai cavalli, il cui passo si at tutisce nella morbidezza profumata delle erbe. E si è presi da un’ebbrezza nuova, dalla gioia d’un risveglio, dal senso di una libertà riconquistata. Al guado del fiume El-K harrub. Certo in fondo alle nostre memorie istintive v’è qualche incosciente ricordo di una vita nomade, addormentato da se coli, che si ridesta talvolta; v’è una corda ignorata della no stra sensibilità, che all’improvviso, in mezzo alle vaste soli tudini luminose d’un paese primitivo, torna a vibrare e ci riempie l’anima della sua voce selvaggia. Il mio itinerario era questo: da Tangeri ad Azila, pic cola cittadina sulla costa atlantica; da Azila a Laraishe, porto alla foce del fiume Lukkos, una volta famoso covo di pirati; da Laraishe ad Habbesi, villaggio della tribù dei Beni Melek non lontano dal fiume Sebù; da Habbesi, passato il Sebù, at-