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alla pulizia dei cannoni. Ebbene tutta la stranezza di Tangeri è simboleggiata in questo quadro di arcadia militare.

La città dal cui sottosuolo emergono talvolta resti romani, cinta da mura portoghesi, è piena di costruzioni spagnuole e inglesi; la Grande Moschea

fu Chiesa dello Spirito Santo; gli europei, che sembrano degli estranei appena arrivati, sono qui da secoli, sono stati sempre qui, ogni cosa parla del loro lavoro tenace, assiduo, paziente; ma essi, come i cannoni della Kasbah, rimangono incompresi, isolati. Nelle halls degli alberghi dove si commentano gli ultimi dispacci d'Europa, nei saloni delle Legazioni dove siede la discreta etichetta occidentale, negli uffici telegrafici e telefonici che ci mettono in contatto immediato con la vita febbrile dei nostri paesi, quanto avviene intorno ci colpisce con maggiore violenza, perchè sentiamo tutto il fanfastico contrasto fra la civiltà che ci ha nutriti e questo pittoresco medioevo arabo. Finchè l'abitudine non arriva a far sembrar naturale anche l'esistenza tangerina, ciò che si vede e ciò che si ode ciprocura le bizzarre emozioni d'una vita retrospettiva fra comodità della nostra epoca. Visioni delle torve vicende d'un passato nostro si risvegliano vividamente in noi ad ogni momento.

Un giorno si sparse per la città questa voce: "Sono venute genti armate dei Beni Msauer per far vendetta della morte di due dei loro, uccisi per ordine del Raissuli!„ Le signore europee non uscirono di casa, i five o' clock furono sospesi, i lawn-tennis disertati. Il governatore fece barricare la porta della sua casa. Nella città alta vidi uomini guardin-